La Corte Interamericana dei Diritti Umani ha imposto al governo Temer un risarcimento di un milione di dollari a oltre settimila uomini e donne indigene, da anni impegnati nella battaglia per la restituzione delle proprie terre, spesso confiscate con la forza e vendute ai privati
di DANIELE MASTROGIACOMO
RIO DE JANEIRO – “E’ una bellissima notizia. Non siamo felici, siamo raggianti”, chatta su whatsapp Marcos Xukuru, che a 39 anni si ritrova a capo degli Xukuru, una tra le più combattive comunità indigene del nord est brasiliano. “Adesso”, aggiunge, “devo avvertire tutti quanti. Non è facile. Il nostro è un territorio vasto, i villaggi sono lontani. Ma devono sapere”.
La notizia è una condanna. La seconda nella storia del Brasile moderno. La Corte Interamericana dei Diritti Umani ha imposto al governo Temer un risarcimento di un milione di dollari a 7.700 uomini e donne indigene che vivono su un territorio di 27.555 ettari, circa 6 chilometri a ovest della città di Pesqueira, nella regione di Agreste di Pernambuco. Una tribù vastissima, distribuita in 24 comunità, da anni impegnata nella battaglia per riavere le proprie terre, spesso confiscate con la forza e vendute ai privati.
La multa inflitta da questa importante Corte, che qui, in America Latina, fa sentire la sua voce e impone le sue sentenze, compensa i tempi dilatati all’infinito nell’eseguire una decisione che lo stesso governo aveva accettato: i nativi hanno diritto a vivere e a lavorare sulla terra che è sempre appartenuta loro.
Una storia che dura da almeno da 20 anni. Marcos Xukuru l’ha vissuta tutta. Una storia scandita dalla violenza dove non c’è mai stato spazio alle promesse. Sempre annunciate mai mantenute. Ha perso il padre, il cacique Xicão, ucciso il 20 maggio del 1998. Dell’omicidio fu accusato un contadino, José Santana. Possedeva alcuni terreni all’interno della riserva. Si è sempre proclamato innocente. La polizia federale di Recife lo sbatté in cella e lui si suicidò il giorno stesso dell’arresto. Un dramma tra diseredati.
Il caso finisce davanti alla Corte Interamericana. Nel 1989 inizia un processo amministrativo che deve decidere il riconoscimento, la titolazione e la demarcazione del territorio conteso. Indigeni e agricoltori rivendicano la proprietà. Fanno leva su una divisione applicata nel 1995 senza l’appoggio del governo.
Lo scontro va avanti a suon di agguati e omicidi. Il cacique subisce un primo agguato il 7 febbraio del 2003: muore una decina di membri della tribù. Poi, in un secondo agguato, viene fatto fuori anche lui. Il figlio Marcos, sostenuto da numerose ong internazionali, si rivolge alla Corte che ha sede in Guatemala.
Adesso la sentenza. Inappellabile. Il governo brasiliano avrà 18 mesi per garantire il ritiro degli occupanti abusivi. Ma dovrà ricompensare anche i 45 agricoltori che avevano da tempo lasciato quei territori. Il milione di dollari andrà invece al popolo Xukuru.
Il nuovo verdetto segue quello pronunciato a favore della Comunità degli Yanomani, altro importante gruppo indigeno dell’Amazzonia al confine tra Brasile e Venezuela. Avevano denunciato la costruzione di una strada con la quale erano arrivati migliaia
di garimpeiros, minatori illegali e tagliatori di alberi. Una vera invasione, fatta di inquinamento, malattie, devastazioni, criminalità, contrabbando. Alla fine anche loro, ultimi degli ultimi, avevano ottenuto giustizia. Il governo, nel 1992, ha fissato i confini del Parco Yanoman